Chi sarebbe
questo Orwell
che mi ha regalato il suo diario personale
facendolo scrivere, romanzato, da un personaggio
che ha inventato
all’interno
del palinsesto
di un testo più ampio?
Chi sarebbe
questo Winston Smith
che mi ha regalato il suo romanzo nel cassetto
facendosi scrivere, ritrarre
nelle pagine del testo più ampio
dove il suo romanzo è rappresentato
come diario segreto?
Chi dei due viveva
nel 1948
e chi
nel 1984?
Ospito
rapace
whisky
entro
lagune
limitrofe – e in sottofondo . . .
Synth
Musica
Intelligenza
Terminando
Handicap – capacità lineare recupera capacità circolare e viceversa . . .
Il presunto, apparente vuoto cosmico
in realtà millantato per tale
non è più grande di una stanza
se lo devo paragonare
al vuoto che mi morde dentro
anch’esso (un) vuoto apparente,
in realtà archivio dalle dimensioni incommensurabili
dove inquiete vibrano in dormiveglia
tutto quello che avrei voluto dire, divulgare, cantare, recitare, amplificare
pensato o scritto
da “me” o da “altri”
qui nei Reami dell’Illusione della Separazione
dove appunto c’è un “me”, un “te”, un “noi” un “voi” un “loro”
anziché l’Uno che tutti quanti siamo
e che abbiamo temporaneamente
dimenticato di essere.
Uno scrittore,
nove menestrelli,
otto inventori,
quattro filosofi
incontrano in simposio informale d’onniscienza
che intona il proprio mea culpa
scevro da rimorsi ma obiettivo
nel riconoscere di sapere di non sapere
un poeta,
nove musicisti,
quattro scienziati quantistici,
otto mistici.
Sì, ho inventato di sana pianta
come sciogliere in parole
le cifre che compongono
quegli anni del secolo scorso
nominati all’inizio del testo,
senza velleità che affermi
d’aver intuito
un significato recondito espresso
tramite qualche codice alfanumerico segreto,
allo stesso tempo però
non mi sento di escludere a priori
che questo espediente spontaneo
nato senza pretese
sottintenda una logica non frattale,
un’eccezione nel Codice della Vita
che può donare (l’)Eternità
anche a quel che sarebbe
meramente transitorio – in un mondo ridotto a sgabuzzino cosmico
di bisogni voraci e sogni irrealizzati
la cui Bellezza dimenticata risorgerà
con
o senza
di noi.
Paolo Assurdo Paoletti
(*)non so se esista un “termine tecnico” per indicare un espediente che in questa ed altre occasioni ho adottato, ma trovo affascinante la possibilità di intitolare una poesia con un titolo che a sua volta sia una poesia più breve: volendo sciogliere il lungo titolo, appunto, in testo poetico a sé stante, disporrei i versi come segue, dando loro un titolo parimenti a sé stante, “Resilienza Contestuale Evolve Ad Autorispetto Sostanziale:
“RESILIENZA CONTESTUALE EVOLVE AD AUTORISPETTO SOSTANZIALE
Un attimo di follia poetica personale
sa di non sapere
come si fa ad essere profetico
eppure prova a cimentarsi
nell’impresa
mentre guida
scialuppa di salvataggio diretta alla 5D.” (P. aka A.)